
Ascolto del paziente, a che punto siamo oggi?
Nel 2019 ne parlava anche un sondaggio del Quotidiano Sanità, effettuato su un campione di medici bresciani.
La crisi della medicina e della figura del medico sono reali per il 92.2% degli intervistati.
Vero è che c’è sempre meno tempo per l’altro; e la mole di pressioni sociali e individuali aumenta.
Vale anche in campo medico, dove il rapporto tra dottore e assistito risente negativamente delle tante problematiche sanitarie.
Ma proprio per questi motivi, noi medici dovremmo impegnarci per invertire la tendenza.
L’ascolto del paziente: una chiave per la terapia
Quindi, rispetto alla crescente pressione collettiva, bisognerebbe riuscire a stabilire fin da subito un clima disteso.
Non solo perché chi si sente ascoltato riesce a comunicare più facilmente i suoi disagi; ma anche perché una dimensione di fiducia permette una maggiore probabilità di successo della terapia.
Allo stesso modo, nella fase della visita vera e propria, quando il medico mette in campo gli strumenti e le metodologie, il paziente dovrebbe rimanere centrale, nella sua individualità, con la sua storia e le sue specificità.
Ascolto e teach-back
Lo so, in medicina e altrove sentiamo parlare tanto di ascolto e di dialogo.
Ma ammettiamolo: di fatto, le condizioni che oggi viviamo, lo rendono un bene raro.
Bisogna invece avere uno sguardo ampio, tenere conto dello stile di vita del paziente, nonché delle eventuali difficoltà nel seguire il trattamento.
Occorre anche stimolare il paziente a fare domande, per verificare se abbia davvero compreso. E’ importane l’approccio teach-back, ovvero chiedere al paziente di esprimere a parole proprie, quanto dice il medico.
 
    